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Full text of "Sulle dottrine economiche di Cesare Beccaria : discorso inaugurale letto nella grand'aula dell'Università di Padova il giorno 2 maggio 1810 dal cavaliere Angelo Bignami professore dell'economia pubblica e del codice di commercio"

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SULLE 


DOTTRINE ECONOMICHE 

DI 

CESARE BECCARIA 

DISCORSO INAUGURALE. 



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SULLE 


DOTTRINE ECONOMICHE 

DI 

CESARE BECCARIA 

DISCORSO INAUGURALE 

LETTO NELLA CRAND’ AULA DELL’ UNIVERSITÀ DI PADOVA 
IL GIORNO 3 MAGGIO 181O 

DAL CAVALIERE 

ANGELO BIGNAMI 

PROFESSORE DELL’ ECONOMIA PUBBLICA 
E DEL CODICE DI COMMERCIO. 


MILANO , 

DALLA STAjIPBRIA REALE, 
A» pCCCX I. 




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AVVERTIMENTO DELL’ EDITORE. 


Appena fu letto questo discorso , 
l Autore fu invitato a pubblicarlo. 
Siccome fu scritto nei momenti che 
rimancvangli liberi dalle occupazioni 
della cattedra ; così ha desiderato 
di poterlo rivedere nclf ozio delle 
vicine vacanze per farvi quelle ag- 
giunte che avrebbe creduto oppor- 
tune i secondo le notizie che aveva 
cluesto intorno alt illustre personag- 
gio che ri era il soggetto. Deluso 
nell’aspettazione di queste notizie, 
e sopraffatto da non poche spiace- 
voli distrazioni che non sono ancora 
finite , ha dovuto rinunziare al suo 
intendimento, e accondiscendere che 
fosse fatto pubblico con alcune po- 
che note , come fu letto. 



Quemadmodum interveniunt agyrta qui corporl na- 
turali mederi profitentur , sic et torpori politico 
non desunt homines qui curationes vr.l difficilli- 
mas suscipiunt sed cum sdentici prin- 

cipia non gustaverint, saepius excidunt. 

Bacon. Sermone* fidele». 


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SULLE 


DOTTRINE ECONOMICHE 

DI 

CESARE BECCARIA 

DISCORSO INAUGURALE. 


T j ingegno profondo e vasto non 
è una produzione ordinaria della 
natura ; nè , come osservossi dal 
Verulamio., fu cosa mai comune, 
che 1’ arte debitamente si accop- 
' piasse alla natura per renderne 
fertili i beni. Nè egli è meno ra- 
ro che le forze dell’ ingegno ben 
educato sieno rivolte alle scienze 
più utili, per coltivarle a vantag- 
gio della società. Se infelicemente 



8 

1* esperienza non ci permette di 
poter chiamare in dubbio la -ve- 
rità di queste proposizioni, è vero 
ancora che un felice ingegno e 
ben coltivato se indefessamente si 
occupi o per accrescere i beni 

0 almeno per diminuire i mali 
del genere umano , allora univer- 
sale e perenne è il beneficio che 
suol compartire alle nazioni. Non 
sono già soli coloro che vivono 
in comunanza con esso a goderne 

1 frutti : entranvi ben facilmente 
a parte le nazioni più lontane, 
ed anche i posteri remoti non 
sono defraudati della preziosa ere- 
dità che ad essi generosamente 
si tramanda. 

Parrebbe da ciò che le produ- 
zioni d’ ingegno di questi uomini 


v 


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9 

singolari sussistendo ed essendo 
per essere eterne , bastassero per 
sè sole a mantenere generale e 
costantemente fecondo il benefi- 
cio. E pure in ogni età riputossi 
sempre lodevole ed utile costume 
1’ elevare di tratto in tratto lo 
sguardo ad alcuno di quei valenti 
uomini , contemplarne le occupa- 
zioni, svolgere i grandi principi 
sui quali meditarono , e le rette 
conseguenze che seppero derivare 
e stabilire a prò comune degli 
uomini. Ben videro i padri no- 
stri che non solamente il dovere 
di un omaggio renduto ad uomini 
cotanto benemeriti gli stringeva 
a così operare ; ma ancora lo esi- 
geva il comune vantaggio. Come 
non converrebbe a ben ordinate 



IO 

nazioni il passare in silenzio i fatti 
egregi dei valorosi uomini che , 
combattendo con animo forte, la 
patria difesero , perchè Y onore- 
vole rimembranza conforta ed av- 
valora gli animi a pari intrepida 
fermezza; così il dar vista di poco 
curare le memorie di coloro che 
generalmente nuovi lumi sparsero 
sulle scienze, e particolarmente de’ 
pensatori illustri che colla sco- 
perta delle verità politiche ebbero 
la massima influenza nel destino 
delle generazioni (0 , taccia sa- 
rebbe non solo di cuore ingrato, 
ma di torto giudizio. La giusta 
ammirazione dei superstiti per le 
virtuose imprese dei padri eccita 
colla speranza l’ardor dei giovani a 
tentarne una fruttuosa emulazione. 


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Sicuramente aveva nell’ animo 
questa verità quel supremo Mi- 
nistro , al cui sublime avvedi- 
mento sono in cura i nostri studj , 
e che alle più amabili virtù del 
cuore unisce le più giuste e le più 
grandi idee di politico reggimento, 
e che volle accresciuta la luce di 
questo giorno dalla presenza di chi 
nel ramo scientifico e letterario 
colla più esatta intelligenza dirige 
i magnanimi divisamenti di lui , 
quel Ministro , dissi , non volendo 
dimenticato 1’ uso commendevole 
d’incominciare le letterarie istru- 
zioni con solenne discorso, dispose 
che ben opportuno soggetto al ra- 
gionamento potesse essere l’elogio 
di un illustre defunto che avesse 
onorato l’Italia co’ suoi studj. 



Ben facilmente comprendesi , 
che al sublime divisamente) non 
corrisponderebbe a pieno uno di 
quei fioriti elogi che con pompa 
di vanità rettorica possono blan- 
dire 1’ orecchio ed allettare le 
menti , lumeggiando imagini tolte 
dai tratti speciosi del vivere u- 
mano ( 2 ). Nell’ encomio di un 
letterato che si pronuncia avanti 
un numeroso stuolo di giovani 
che applicansi alle scienze , si 
dee calcolare la forza dell’ inge- 
gno , debbono conoscersi le fa- 
tiche delle dotte vigilie , debbono 
mettersi in comparsa gli utili 
effetti eh’ Egli ne seppe conse- 
guire. Fa d’ uopo quindi penetrar 
nelle dottrine da lui lasciate , 
mostrarle vere, fondamentali ed 



importanti. In questa guisa si rag- 
giunge e si appalesa il merito 
de’ suoi pensieri e il frutto dei 
suoi sudori; si fa manifesti il 
diritto da lui acquistato all’esti- 
‘mazione dei posteri, ed insieme 
si viene a delineare una luminosa 
traccia all’ altrui istruzione , e a 
proporre un esemplare all’ imita- 
zione. 

Degno del Magistrato è il pen- 
siero: difficile assunto l’eseguirlo. 
Sommi e non pochi nel secolo 
or ora scorso fiorirono personaggi 
in diverso genere di scientifiche 
discipline versatissimi, che non è 
agevole lo scegliere, e maggiore 
è la difficoltà di comparire sag- 
gio lodatore coll’ uguagliare o non 
diminuire almeno il merito di 



*4 

quello che si prende a lodare. 
Pure essendosi in questa prima 
volta piegato sovra di me lo 
sguardo per così eminente fun- 
zione, il dover di ubbidire mi fece 
dimenticare la tenuità delle forze* 
e superare altri impedimenti , e 
mi trasse a sottentrare all’ inca- 
rico. 

Dopo non poche fluttuazioni lo 
sguardo si fissò in Cesare Beccaria. 
Vidi bene nella scelta farsi mag- 
giore 1 arduità dell’ impresa; ma 
vidi insieme che io dirigeva l’ at- 
tenzione della coltissima udienza 
a un nome caro agli studj delle 
scienze morali e politiche che 
ebbero da lui incremento, caro 
all’ Italia , sempre più per esso 
gloriosa in forza dell’ ammirazione 


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i5 

a suo favore destatasi nelle na- 
zioni d’ Europa ; caro all’ umanità 
il cui amore ardente traspira negli 
scritti suoi, nei quali se vi lascia 
travedere qualche neo , esso è 
un effetto della viva bramosia di 
giovare alla sempre infelice umana 
natura, onde non sapeva circo- 
scrivere un confine alle troppo 
liberali idee. 

Tale scelta occupandomi il pen- 
siero, mi sovvenne che l’opera, da 
lui scritta per l’Italia nel patrio 
linguaggio, fu tradotta in quasi 
tutte le lingue , e con tanto 
applauso da ogni nazione fu ac- 
colta, che ad appagare il comune 
desiderio ovunque convenne ri- 
produrla. Tornommi pure ben 
tosto al . pensiero 1’ onorevole 



i6 

6Ìgjnificazione di stima a lui ren- 
duta dall’intero corpo accademico 
della società letteraria di Berna, 
la quale alzossi riverente per in- 
chinarlo e concedergli il premio 
destinato alla migliore produzione 
d’ ingegno. Ricordai egualmente 
che non la sola fredda ragione 
del filosofo che svolge uè’ suoi 
principi la profondità delle dot- 
trine, occupossi delle grandi ve- 
rità da lui svelate ; ma alla luce di 
queste lo spirito più ameno del 
secolo infrenò i voli dell’ ardita 
immaginazione , e si compiacque 
di commentarle , onde vestite da 
nuove grazie di stile si rendes- 
sero vie più agevoli e gradite- 
le le singolari onorificenze a 
lui vivente compartite, mi furono 


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*7 

ascose ; anzi apparvemi egli non 
oscuramente adombrato nel sen- 
tenzioso detto di Orazio : Pria - 
cipibus placuisse viris non ultima 
laus est. Poiché quella donna im- 
mortale che regnava col fermo 
intendimento d’incivilire piena- 
mente le molte popolazioni del 
suo vasto imperio con leggi dalla 
ragione dettate, invitalo alla sua 
residenza per cooperare avanti di 
sé alla formazione del codice pe- 
nale. Un’altra gran donna però 
giusta estimatrice del merito, im- 
perando cinta dall’ amor dei po- 
poli sull’avito trono, non accon- 
sente che gli stati suoi perdano un 
tanto uomo che, già nuova luce 
spargendo sulle scienze morali e 
politiche, esser doveva l’ornamento 



i8 

prezioso delle cattedre e lo splen- 
dor delle magistrature. Nè restom- 
mi sepolto nella memoria che que 
volte un altro re italiano recossi 
alla sua casa per visitarlo : nè i 
sensi di venerazione per un uomo 
cosi celebre , manifestati da rispet- 
tabilissime adunanze agli stessi 
figliuoli di lui in questi ultimi 
tempi , potevano essere caduti 
in dimenticanza di chi apprezza 

quanto concorre in lode della na- 
zione. 

I meriti scientifici e lettera rj 
del Beccaria; onde ottenne tanta 
ammirazione d'uomini dottissimi 
e tante distinzioni da altissimi 
Personaggi, ponevanmi innanzi un 
campo spazioso e vario , e quindi 
molto arduo a trascorrere. Una 


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*9 

opportuna considerazione soprav- 
venne fortunatamente a rinfranca- 
re in parte Y animo quasi smarrito 
nel difficile e lungo cammino. Se 
Tullio, principe dei filosofi e degli 
oratori latini, prende ad encomiare 
o f una o r altra delle virtù dei 
suoi capitani; se il poeta venosino, 
principe dei lirici , or f una or 
1’ altra delle azioni gloriose di 
Augusto fa il soggetto delle sue 
odi; se il console Plinio contentasi 
di mostrar Trajano più buono di 
Domiziano e di Nerone ; perchè 
f autorevole esempio di lodatori 
cosi facondi ed esperti non mi 
consiglierà a non avventurarmi 
all’analisi di tutte le letterarie e 
scientifiche produzioni del Bec- 
caria? Nè sarebbono di tanto peso 



20 


capaci gli omeri miei, nè l’im- ' 
presa potrebbe compirsi nei limiti 
del tempo stabilito al ragiona- 
mento. Prescelgasi adunque una 
sola delle scienze da lui profes- 
sate , e come Pittagora da un 
piede seppe tutta misurare la 
statua di Ercole ; cosi da quella 
tentisi di far apparire il grande 
ingegno e l’ utile impiego fattone 
dal Beccaria. Le sue dottrine sul- 
l’Economia pubblica, paragonate 
in una breve analisi con quelle 
che dopo lui sono state esposte 
dai più riputati scrittori , sieno 
l’ oggetto del discorso. Se nell’ ana- 
litico confronto il merito delle 
teoriche del nostro letterato , tanto 
per la qualità delle materie che 
propone a discutere , quanto pei 


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21 


principj che assume a stabilire , 
non sarà secondo a chi gode nei 
nostri giorni maggiore rinomanza 
in questa parte di umano sapere, 
e si vedranno da lui suggerite 
molte operazioni che ora per un 
più regolare andamento dell’ am- 
ministrazione economica si ese- 
guiscono ; io non avrò del tutto 
infelicemente soddisfatto alle be- 
nefiche intenzioni del magistrato, 
perchè , qualunque sia per essere 
il mio discorso , potrà aggiungere 
qualche idea di più alle cogni- 
zioni di questa gioventù che , ap- 
plicandosi con indefesso studio a 
questo ramo di scienza, ci offre 
un bello ed imitabile esempio. 

Il Beccaria in quanto scrisse 
nelle materie economiche , può 


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22 


considerarsi sotto tre aspetti: co- 
me cittadino : come professore : 
come magistrato. Nel primo aspet- 
to fu autore di una dissertazione 
che riguardava da vicino la pro- 
sperità della nazione cui egli ap- 
parteneva. Proponeva in essa i 
provvedimenti più opportuni per 
togliere di mezzo alcuni gravi di- 
sordini , e raccomandava le mas- 
sime più sagge per preservare 
nell’ avvenire il corpo della so- 
cietà da si fatto disastro. Alcuni 
amici, conoscendo il vantaggio dei 
provvedimenti e la giustezza delle 
massime, il confortarono nel 1 762 a 
render pubblici tali suoi pensieri , 
ancorché per dettame di prudenza 
necessario in quei tempi dovesse 
la stampa eseguirsi fuori di stato- 


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23 


Fu professore di politica Eco- 
nomia nelle scuole palatine di 
Milano. Nominato nel 1768 , si 
accinse subito a dettar dalla cat- 
tedra le sue lezioni , in . mezzo 
al corso delle quali tenne un ra- 
gionamento inaugurale per far 
conoscere vie più l’oggetto della 
scienza che non era mai stata in 
quella città pubblicamente pro- 
fessata. 

Sedendo poi nel magistrato de- 
gli affari camerali, dirigeva 1’ am- 
ministrazione economica, e ben 
sovente fu a lui commesso di 
stendere delle consulte sopra og- 
getti della massima importanza. 

Le lezioni economiche del Bec- 
cavia, come le consultazioni, ven- 
nero solamente alla pubblica luce 



24 

nell’ esimia raccolta degli Econo- 
misti classici italiani. Piacque al- 
l’ eruditissimo e benemerito edi- 
tore di tale pregevole serie di 
scritti il disporre con savio ac- 
corgimento in una scientifica pro- 
gressione le opere del Beccaria. 
Pensò giustamente essere conve- 
nevole che precedessero le le- 
zioni del professore che insegna 
la scienza ; che seguissero al- 
cuni principj insegnati nella teo- 
rica generale, e dal cittadino ze- 
lante trascelti per applicarli ad 
oggetti parziali, onde la patria 
ricevesse giovamento dalle istru- 
zioni ; che in fine nelle consulte 
si vedesse il magistrato operare 
sempre in armonia delle teori- 
che. 


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25 

A quest’ ordine medesimo ci 
atteniamo nel rapido esame delle 
sue dottrine. Volgendoci perciò 
a trascorrere i capi principali 
degli Elementi di pubblica Eco- 
nomia, dobbiamo osservare come 
procedesse nella vasta e complicata 
estensione della materia a deter- 
minare e ad ordinare gli oggetti 
primarj e fondamentali, per pro- 
porli alla comune intelligenza de- 
gli uditori. 

La scienza economica a buon 
diritto dagli scrittori più accre- 
ditati dicesi tuttora nuova ( 3 ). 
Non è certamente gran tempo 
da che essa è risorta ed ha co- 

* 

minciato ad essere studiata nello 
sue singole parti , e da che si è 
tentato di collegare insieme queste 


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2,6 

parti , e di subordinarle ad al- 
cuni principj. Era sicuramente la 
scienza novissima al tempo in 
cui il Beccaria scrisse gli Ele- 
menti. Assunto sarebbe troppo 
lungo ed arduo anche l’accennare 
di passaggio 1’ origine e il pro- 
gredimento dì questa scienza, per 
osservanie lo stato al tempo in 
' cui il Becca ria la fece scopo delle 
sue meditazioni per insegnarla 
dalla cattedra. In oltre a voi , 
che siete abbondantemente ver- 
sati nelle vicende delle scienze , 
non potrei dire cosa alcuna che 
già non vi fosse nota (4). Richia- 
merò solamente alla vostra me- 
moria , che in Italia , in cui 
questa scienza nacque , eransi 
scritti alcuni trattati su certi rami 


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2 7 

particolari. In Inghilterra , Locke 
aveva con alcune idee, degne di 
quel grand’ uomo , preparato la 
via ai suoi compatrioti per ve- 
derne l’utilità e l’estensione, e 
seguirla nelle diramazioni , onde 
combinare anche in questa parte 
di politico addottrinamento un 
sistema. Disputavasi in Francia 
sul sistema così detto mercantile, \ 
il quale , credendosi avvalorato 
dall’autorevole giudizio di Col- 
bert, aveva eccitato alcuni pro- 
fondi ingegni a dimostrarne la 
insussistenza, e ad indagare l’o- 
rigine della ricchezza di uno 
stato ; e tentando cosi di giun- 
gere a questo fine , esaminarono 
alcune parti della pubblica eco- 
nomia. Parve che il solo Genovesi 



28 


si studiasse di abbracciarne tutto 
F insieme nelle lezioni sul com- 
mercio , le quali comparvero nel 
1765. Fu questa l’ ultima fatica 
di quel benemerito letterato , al 
quale in Italia sono in gran par- 
te debitrici le scienze tutte del 
loro avanzamento. Ognuno sa che 
1 ’ ardente brama di liberare le 
menti da dure catene imposte loro 
dallo scolastico Peripato, e di sra- 
dicare i pregiudizj troppo estesa- 
mente fortificati, fu la causa che 
il Genovesi patisse molte vessa- 
zioni. Quindi confessa egli me- 
desimo di accingersi alquanto in- 
timidito a trattare le spinose 
materie economiche , e sembra 
evidente che ad attutare F insi- 
diosa rabbia de’ suoi nemici siasi 


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2 9 

studiato di rivolgere particolar- 
mente i suoi insegnamenti agli 
interessi del regno in cui scri- 
veva , e per egual motivo cer- 
casse di trasfondere in essi quanto 
aveva già scritto per la formazione 
dei costumi. E parere comune , 
che a questi motivi principalmente 
debba attribuirsi il non vedere 
nelle lezioni del Genovesi tutte 
sviluppate le cause della decadenza 
e della prosperità delle nazioni. 

A questo sublime scopo mirando 
il Beccaria , come lo appalesa egli 
medesimo chiaramente nella Pro- 
lusione , e volendo sempre innal- 
zare lo spirito alle grandi verità 
generali , non poteva camminare 
sulle tracce segnate da chi lo 
aveva preceduto. Accingendosi 



3o 


pertanto ad un’impresa quasi in- 
tentata, qual era un completo 
trattato dalla scienza economica, 
doveva necessariamente tutti rap- 
presentarsi avanti i tanti e diversi 
materiali; doveva considerare que- 
sti nella multiforme loro dipen- 
denza in ragione delle varie cause 
fisiche e morali ; doveva contem-* 
piare gli effetti di queste cause 
nelle varietà delle vicende, alle 
quali debbono soggiacere le na- 
zioni in forza dei politici cangia- 
menti. In un ben combinato re- 
golamento economico non può 
trascurarsi alcuno di questi ogget- 
ti , quando si conosca la massima 
influenza di tale sistema nell’ in- 
dipendenza politica, nella potenza 
e nella ricchezza nazionale. 


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Si 

Il Beccaria nelle viste generali 
che premette come un istrada-* 
mento alle lezioni e nella lodata 
Prolusione, non sa dissimulare la 
quantità e varietà degli elementi 
che entrano a comporre la scienza. 
Egli vedeva addivenire nel mondo 
politico quanto si osserva nel fisi- 
co: come in questo tutto è dipen- 
dente e relativo , e cosa alcuna 
non avvi interamente isolata ; così 
nel sistema economico delle na- 
zioni le vicendevoli relazioni ir* 
mille guise s’ intrecciano ed ia 
mille forme s’ aggruppano. In forza 
di tali vincoli gl’ interessi di alcuni 
popoli non possono considerarsi 
neppure divisi da quelle genti 
che sono talvolta da lunga distanza 
separate. Ed in verità da che per 


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3a 

la via del Capo si è renduta così 
agevole la comunicazione colle 
Indie, noi vediamo che le stoffe 
dell’ Oriente sono divenute il lusso 
comune dell’ Occidente : le pro- 
duzioni dei climi situati sotto 
l’equatore sono consumate ai poli: 
i frutti dell’ industria del Nord so- 
no concambiati nel Sud. Dob- 
biamo ascrivere alle facili permu- 
tazioni dei prodotti naturali ed 
artefatti 1’ essersi generate nei po- 
poli novelle sensazioni, creati nuo- 
vi bisogni , e 1’ essersi alle usate 
antiche abitudini sostituite altre 
diverse ed opposte. Dalla varietà 
delle impressioni ricevono nuova 
forma i costumi: a questi si mo- 
dellano le speculazioni, e così 
si avvicendano le fortune del 


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33 


commercio. Onde non fa mera- 
viglia a chi sa penetrare nella 
forza di questi avvenimenti , che 
i padri nostri vedessero sorgere 
tal ordine di cose nello stato po- 
litico delle nazioni europee, per 
cui le più povere s J innalzassero 
a tanta prosperità da farsi dipen- 
denti le più doviziose. 

Chi rifletteva a tante cause atte 
ad eccitare f attività , l’ industria, 
gli sforzi dei popoli , vedeva fa- 
cilmente con quanta cautela dal- 
l’ azione del governo potessero 
promuoversi quelle cause, affinchè 
le une noti elidessero le altre; nè 
facilmente poteva stabilire gli og- 
getti primarj , intorno ai quali , co- 
me intorno al perno fondamentale, 
si circoscrivesse particolarmente 


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3 4 

l’attenzione dì chi proponeva e 
di chi riceveva l’ insegnamento. 

La difficoltà medesima però 
della scelta degli obbietti primarj 
da proporsi principalmente alla 
considerazione, dava vie più chia- 
ro a vedere il pericolo di andare 
in così smisurato e non illumi- 
nato spazio senza direzione va- 
gando. 

Tutte queste considerazioni fe- 
cero al Becca ria sul bel principio 
tracciare alcune linee , le quali 
prolungandosi in diverse direzioni, 
come partivano' sempre dal me- 
desimo punto, così in esso ritor- 
navano. Conobbe che questo pri- 
mo disegno non doveva essere 
uno sforzo di metafisica penetra- 
zione, ma doveva essere il più 


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35 


comune e il più aperto ad osser- 
varsi nelle moltiplici diramazioni. 
L’utilità dell’ addottrinamento co- 
manda di tener questo metodo: 
e il nostro Economista era giusta- 
mente persuaso che la verità allo- 
ra più facilmente s’insinua, quan- 
do chi istruisce mettesi al pari 
dell’ allievo ; parte con lui dalle 
idee più facili ad essere cognite 
e dalle meno difficili ad essere ri- 
tenute ; gradatamente e senza 
Bcossa facendolo poi camminare, 
lo eleva a poco a poco a tutta 
vagheggiare la luce di quella ve- 
rità. In quelle prime linee adun- 
que dal Beccaria segnate , chiara- 
mente si vede che il suo insegna- 
mento va a concentrarsi in cin- 
que oggetti : Agricoltura politica : 


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36 

Manifatture : Commercio: Finanze: 
Polizia. 

Nell’ istituire su di questi cin- 
que oggetti alcune generali osser- 
vazioni , dimostra il dovere della 
istruzione economica sull inda- 
gare i mezzi di elevare alla sua 
prosperità la ricchezza nazionale, 
combinando insieme gl’ interes- 
si dell’ agricola , dell’ artista , del 
commerciante , del produttore e 
del consumatore ; e dalle varie 
osservazioni passa a conchiudere 
che il vantaggio di tutti costoro 
non potrà mai promuoversi e 
combinarsi senza convenire che . 
JSè il massimo prodotto utile delle 
terre si potrà ottenere , nè dalle 
arti avere piccioli e pronti profitti, 
se gli uomini gli uni a gara degli 


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3 7 

altri non faticheranno colla mano 
e colf industria , sia sulla terra f 
sia sui prodotti di quella. 

Riconosciuta la necessità del 
lavoro , ed indicati gli oggetti 
principali a cui il lavoro debbe 
applicarsi per avere il fondamento 
della ricchezza nazionale, il Bec- 
caria riunisce quelle due idee 
fondamentali per Ì9tabilire un 
canone in cui si esprimessero il 
principio e il fine di tutta la 
scienza : il qual canone così egli 
annunzia : Essere fine generale , e 
principio insieme di tutta la poli- 
tica Economia di eccitare nella na- 
zione la maggiore quantità possi- 
bile di travaglio utile ( 5 ). 

In questa maniera svolgendo la 
scienza ne’ suoi rami principali , 


38 

c ravvicinando le verità più ov- 
vie in essi discoperte, determinò 
coll’ analisi la base del ragiona- 
mento ; e avanti di progredire , 
volle colla sintesi averne la pro- 
va. Alcune generali osservazioni 
a questo fine leggonsi istituite 
sulla natura del travaglio e sugli 
effetti della consumazione e sulla 

i 

popolazione. Da tali osservazioni 
viene a dimostrarsi vero , univer- 
sale, non remoto e sufficiente il 
canone assunto. 

Nell’ uso di questo filosofico 
metodo ha potuto primieramente 
convincere sè medesimo di avere 
prescelto il marmo più opportuno 
a formare la statua , e di avere 
abbozzato il disegno , secondo il 
quale doveva nella forma più 


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3 9 

conveniente atteggiarsi ; ed ha 
potuto nell’ anticipato prospetto 
disporre la mente dei giovani a 
ricevere le successive idee, e 
collocarle sempre nella loro mente 
in bella simmetria , onde potes- 
sero all’ opportunità facilmente 
richiamarsi. 

Non debbo innanzi a voi, eru- 
ditissimi signori, dell’importanza 
dell’ ordine nelle opere scienti- 
fiche fatte per l’ istruzione della 
gioventù discorrere più a lungo. 
Un altro cenno però siami per- 
messo. Si lesse già in un foglio* 
e potrebbe di nuovo facilmente 
concepirsi il sospetto nella diffi- 
cile contentatura de’ nostri tempi, 
che tanta minuta esattezza nel 
disegno dovesse confondersi colla 



4 ° 

pedanteria , e 1’ autore riputarsi 
affezionato allo spirito di siste- 
ma (6). 

Pregiudicato il primo sospetto , 
ed irragionevole il secondo giu- 
dizio. Per sottrarre all’ oscurità 
1’ addottrinamento fu sempre co- 
mendevole l'indagare alcune verità 
di facile intelligenza , e valersi di 
quelle per discoprirne altre che 
stansi più sepolte. Più volte a 
questo intendimento raccomanda 
il Condillac l’antico assioma : Se 
vuoi che impari ciò che non so , 
prendimi in quello che so. 

La celebre opera poi Dei delitti 
e delle pene basterebbe a smentire 
ogni ombra di prevenzione siste- 
matica nel Beccaria. Tanto più 
esente da tale predominio egli 


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4 1 

mostrossi allora quando , investi- 
gando con filosofico acume La 
natura dello stile, seppe sorgere 
all’origine de’ concetti della mente, 
e contemplare in essi 1’ origine 
di una fonte del bello. 

Non occorre però rivolgersi ad 
altre opere del Beccaria per al- 
lontanare l’indebito sospetto, ed 
abbattere il precipitato giudizio. 
Il difende vittoriosamente da que- 
ste tacce, l’ordine delle teoriche 
negli elementi economici. Ragiona 
in prima generalmente sulla scien- 
za economica , e ne distingue le 
parti primarie per convertire ad 
esse 1’ attenzione dello studente 
economista. Nell’esame di quelle 
parti disvela alcune verità che 
influir debbono nelle proposizioni 



particolari. Ravvicina quelle verità 
ad un centro comune , e stabi- 
lisce il canone fondamentale da 
cui sviluppansi il fine e il prin- 
cipio reggitore della scienza. Non 
poteva acconciarsi ad altra forma 
di ragionare , se voleva seguire 
un ordine conforme alla genera- 
zione delle idee : se voleva che 
fosse manifesta la loro natu- 
rale connessione : se voleva che 
le prime servissero di base e di 
lume alle seconde. Questa è la 
sola maniera di bandire la noja 
quasi inseparabile dalle dottrine 
elementari : questa è la maniera 
di rendere chiaro ed elegante il 
discorso instituito su principj me- 
no evidenti , e di generare colla 
venustà il piacere intellettuale nei 


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4 5 

ragionamenti complicati ed astrusi. 
E se questo non è un ordine filo- 
sofico , qual altro sarà mai? Ab- 
bandoniamo siffatte troppo puerili 
accuse , e facciamoci ad osservare 
il principio della scienza econo- 
mica dal Beccaria stabilito , com- 
parandolo a quanto fu scritto dai 
più rinomati autori. 

Ogni filosofo da economo po- 
litico investigando i fondamenti 
della prosperità e potenza di una 
moltitudine di uomini viventi in- 
sieme per ben comune , non ha 
creduto di poter giungere al fine 
della sua ricerca , se prima non 
rispondeva alla quistione : In che 
consista la ricchezza di una nazione. 

Riccardo Smith nell’ opera così 
universalmente encomiata , Ricerche 


44 

sulla ricchezza delle nazioni , stam- 
pata in Londra nell’ anno 1775 , 
risponde che la ricchezza consiste 
nel travaglio produttivo. 

Il Simond, acerrimo difensore 
delle dottrine dello Smith , loda 
questa risposta , e servesi di essa 
in tutti i suoi ragionamenti sulla 
ricchezza commerciale. 

Il senatore Garnier che ha con 
esattezza tradotto , e con molta 
erudizione accresciuto di note 
preziose l' opera dello Smith, non 
mostrasi contrario a riconoscere 
la sorgente della ricchezza nel 
travaglio produttivo. 

Il signor Cannard usa del princi- 
pio dello Smith nella dissertazione 
economica, coronata dall’istituto 
imperiale di Francia. 


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4 5 

Il signor Lauderdale, uno degli 
ultimi più insigni scrittori di 
pubblica economia , ravvisa tre 
essere le sorgenti della ricchezza : 
terra : travaglio : capitali. A carte 
280 poi chiaramente si esprime , 
che dal solo travaglio può darsi 
esistenza alla ricchezza nazionale; 
con che ha aggiunto la sua appro- 
vazione al principio dello Smith. 

Un principio di una scienza 
dopo lunghe meditazioni appro- 
vato dai valenti filosofi (7) che 
quella scienza in tutte le parti 
studiarono , pare che aver debba 
tutt' i caratteri essenziali che i lo- 
gici richieggono per considerarlo 
tale in tutto il rigore filosofico. 
Questo consentimento forma il 
più bell’ elogio all’ Economista 



4 6 

italiano , il quale nell’ anno 1768, 
voglio dire sette anni innanzi alla 
pubblicazione dell’ opera dello 
Smith , stabilì la proposizione 
fondamentale delle sue lezioni 
economiche nella massima quan- 
tità di travaglio utile. 

Così dicendo , osserveremo per 
altro che amendue gli autori, il 
Beccaria e lo Smith, convengono 
nell’ idea primaria : diversificano 
nella qualità con diverso aggiunto 
determinata. Il travaglio in senso 
dell’inglese scrittore per formare 
la base della ricchezza debb’essere 
produttivo , à differenza di un'altra 
specie di travaglio , detto da lui 
non produttivo , perchè questo, non 
lasciando dopo di sè traccia ma- 
teriale , non può essere un sog- 
getto di permutazione. 


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47 

Lo scrittore italiano nell’ ag- 
giunto utile dato al travaglio ha 
espresso interamente il suo con- 
cetto : e tanto più chiaramente 
esprimeva l’idea quanto che nel-* 
1* analisi precedente dalla quale 
derivava il canone, aveva già mo- 
strato quell’ utilità dipendere dal- 
l’ impiegarsi il travaglio sulla terra 
genitrice di tutti i prodotti e sulla 
modificazione di essi. 

Per decidere chi abbia più esat- 
tamente raggiunto il principio uni- 
versale , che doveva dominare in 
tutte le proposizioni particolari 
costituenti il corpo della scienza 
possiamo riferirci e al giudizio 
che ne hanno dato i lodati scrit-* 
tori , i quali esaminarono e ce- 
mentarono le dottrine dello Smith, 


4 8 

e a qualche breve riflessione fatta 
sull’ insussistenza della distinzione. 

Il signor Garnier in più luoghi 
censura la distinzione del trava- 
glio producente e non producente-. 
ed acconsentono a quella censura 
l’ autore degli Elementi di poli- 
tica Economia , stampati in Pa- 
rigi nel 1796 , e il Lauderdale. 
Cannard distinguendo varie specie 
di travaglio dalla diversità dei 
bisogni al cui soddisfacimento il 
lavoro impiegasi , ha mostrato le 
varie qualità del travaglio pro- 
duttivo ; ma trascura onninamente 
la distinzione dello Smith , giac- 
ché in maniera positiva non cu- 
rasi dell’ improduttivo. 

Senza farmi premura di altri 
autori , al giudizio dell’ autorità 


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49 

succeda il suffragio della ragione. 
Se questa distinzione del trava- 
glio si ammette, ogni lavoro sarà 
improduttivo , e perciò non con- 
correrà alla ricchezza , quando 
non possa darsi in cambio di 
altro lavoro o fatto o da farsi ; 
quindi le azioni delle persone 
più importanti pel ben essere 
„ delle società incivilite non influi- 
rebbono sulla prosperità delle na- 
zioni. Questo assurdo pare sfug- 
gito all’ estese viste dello scrit- 
tore inglese , perchè non ha con- 
siderato pienamente 1’ influenza 
morale , la quale ha una gran 
parte nell’ animare e perfezionare 
il travaglio materiale. Conviene av- 
vertire ancora che volendo un og- 
getto distinguersi per due qualità 

4 


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5o 


o contrarie o diverse , ad evi- 
tare la confusione è necessario 
rendere manifesto il carattere, per 
cui si conoscano le cose che 
hanno quella piuttosto che quel- 
1’ altra qualità , e che piuttosto 
all’ una che all’altra classe appar- 
tengono. Ora nella distinzione del 
• travaglio testé accennata questo 

carattere non si comprende; men- 
tre molte sono le azioni umane 
che a norma di quella distinzione 
non si sanno classificare, perchè 
quelle azioni in diverso aspetto 
considerate possono entrare e nel- 
1’ una e nell’ altra classe. Nè sono 
sufficienti gli sforzi del Simond 
per trovare per tutti i casi quella 
regola assoluta , che basti sempre 
a far declinare la punta dal bilico, 


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5i 


come di leggieri ognuno se ne con- 
vince. L’aggiunto adunque dato da 
’Hiccardo Smith al travaglio, per 
riconoscere in esso l’unica sorgente 
della ricchezza , va a confondere 
1 il suo principio in una distinzione 
che , oltre al non esser vera , 
manca di chiarezza e di esattezza. 

Non potevamo esimerci dal cri- 
ticare il principio del più celebre 
fra gli economisti. Appunto la 
critica urbana ed imparziale va 
fatta sui gran modelli. Anche i 
piccioli difetti dei grand’ uomini 
sono contagiosi per la favorevole 
prevenzione che i gran nomi tro- 
vano in noi. Le produzioni me- 
diocri nè abbagliano, nè sorpren- 
dono 1’ attenzione. Così avverto- 
no i nostri maestri che vogliono 


✓ 


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5 2 

istruirci Y intelletto , ed educarci 
l’ animo. 

Passando al principio assunto 
dal Beccaria ne’ suoi Elementi , se 
riflettiamo che varj sono i bisogni 
degli uomini costituiti in società 
per riguardo alle loro intrinseche 
relazioni , che varie per conse- 
guenza debbono essere le produ- 
zioni atte a soddisfarli ; che non 
basterebbero le produzioni nel 
loro stato naturale , e perciò è 
d’ uopo che sieno in varie guise 
modificate ; facilmente vediamo 
che l’origine della ricchezza non 
può riconoscersi nel solo lavoro 
che lasci dopo di sè tracce ma- 
teriali , ma nel lavoro che oltre 
a ciò abbia un più eminente ca- 
rattere ; cioè nel lavoro che , 


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53 

provando V influenza morale di chi 
opera colla mente, riceve una in- 
telligente direzione per ricavare 
le produzioni più opportune e 
per perfezionarle a comodo di 
tutti. Questa duplice qualità ne- 
cessaria al lavoro per considerarla 
principio universale e costante del- 
la ricchezza, dal nostro autore si 
esprime Coll’ aggiunto utile , men- 
tre l’utilità d,eriva dal servire ac- 
conciamente alla varia qualità dei 
bisogni. 

Ciò vie più si conferma dal- 
1’ osservare che le società per le 
politiche combinazioni prendono 
nuova forma , permutandosi le 
relazioni interne ed esterne. Ma 
in qualsisia cangiamento sempre 
fia vero che sarà un effetto del 



54 

lavoro, debitamente applicato agli 
esseri che producono , e debita- 
mente adoperato coll’arte sui pro- 
dotti ottenuti , il rendere , per 
quant’ il permetteranno le cir- 
costanze, la nazione indipendente; 
il che in fine è il frutto a cui 
dee mirare 1’ economista. 

Essendosi -impressa Tidea ge- 
nerale della sorgente della ric- 
chezza in una nazione , si passa 
alla considerazione degli oggetti 
particolari, intorno ai quali oc- 
cupami gli uomini jper conse- 
guirla. 

L’agricoltura politica è il se- 
condo oggetto degli Elementi. Il 
Beccaria non si estende in recon- 
dite dottrine per insinuare il per- 
fezionamento di quell’ arte che 


i 


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55 

primiera con tanto onore coltiva- 
rono i padri nostri. La cognizione 
dell’ uomo e l’ esperienza sono i 
fondamenti del suo ragionare. To- 
gliere gli ostacoli che possono 
frapporvi i mal combinati regola- 
menti è sempre il cardine del 
suo discorso. Nuoce ogni dispo- 
sizione che in qualsisia modo ten- 
da ad avvilire il valore dei frutti 
delle fatiche degli agricoltori , o 
a vilipendere la condizione di chi 
consacra i suoi sudori in così 
utile impiego. Ove nè direttamen- 
te nè indirettamente ciò avvenga, 
sorgerà con tutta la sua possanza 
l’interesse particolare ad animare 
il lavoro delle genti campestri , e 
a rendere assidue ed intelligenti 
le cure dei proprietarj. 



56 


Chè se la libera disposizione 
dei prodotti , e il godimento che 
consegue come ricompensa e pre- 
mio alla dilettevole agronomica 
industria , non fossero bastanti 
ad ingrandire le viste e a dissi- 
pare i pregiudizj d’ inveterati me- 
todi, invoca il Beccaria con voti 
ardenti lo stabilimento dell' ac- 
cademie agrarie. Giacciono bene 
spesso senza frutto gli sforzi di 
qualche felice ingegno , perchè 
inanca quel pronto ajuto che può 
avvivarli di più e rendere co- 
mune a ciascuno il . sapere di 
pochi. Quella scintilla di fatti che 
manifestandosi solitaria fra dis- 
perse frondi si estinguerebbe , 
riceve alimento dall’ esca accu- 
mulata , si rinforza , si espande e 


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5 7 

diviene incendio. Conobbero alcu- 
ni privati il vantaggio delle scelte 
adunanze , ed aprirono con ge- 
neroso impegno il campo alle 
libere fantasie delle anime da 
sacro furor febeo ispirate a tes- 
sere ghirlande poetiche coi fiori 
colti in Elicona. Vi si accolsero 
poi sotto la protezione sovrana 
le scienze ch’ebbero i più nota- 
bili accrescimenti. Cesare Becca- 
ria, con tutto il fervore dello 
spirito caldo di patrio amore per 
l’umanità, raccomanda di propa- 
gare il beneficio di questa istitu- 
zione a favore dell’ agricoltura 
madre delle arti , e insiste che 
alle cognizioni dei teorici si uni- 
scano quelle dei pratici, i quali, co- 
noscendo le circostanze dei luoghi. 



58 


possono colle loro avvertenze ren- 
dere veramente fruttifere le idee 
dei primi. Ben volentieri mi asten- 
go dal commendare il pensiero 
del Beccaria , giacché dalle pro- 
vide cure del munificentissimo 
Governo determinandosi in ogni 
dipartimento 1’ istituzione di una 
Accademia agraria, si è retribuito 
al pensamento di lui quell' en- 
comio che maggiore non saprebbe 
offerirgli la lingua di facondo 
oratore. 

Due questioni riguardo all’ a- 
gricoltura caldamente agitavansi 
nel tempo in cui il nostro autore 
scriveva gli Elementi. La prima 
era : Se alla grande o alla pic- 
cola agricoltura dar si dovesse la 
preferenza . In due partiti eransi 


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$9 

divisi gli scrittori. La ragione non 
conobbe mai gli stendardi delle 
sette , e la ragione era la guida 
di Beccaria. Esponendo quindi ad 
altrui istruzione gli argomenti 
degli uni e degli altri, determina 
il vero stato della controversia , 
e saviamente decide che la pre- 
ferenza debbe subordinarsi alla 
attitudine dei terreni a dare piut- 
tosto queste che quelle produ- 
zioni , non potendosi tutte col- 
V uno e coll’ altro metodo con 
eguale utilità ottenere. E qui si 
fa nuovamente ad insinuare la 
massima sempre vera che sogliono 
ricevere un grande ammaestra- 
mento le utili speculazioni dalla 
considerazione delle circostanze 
particolari dei luoghi (*). Non si 



6o 


può sempre dal? uomo coman- 
dare alla natura. 

■ Con egual avvedimento entra 
a discutere la seconda quistiotie 
Su/ modo di regolare debitamente 
la proporzione delle differenti cul- 
ture. Ancorché sia fuori di ogni 
dubbio che debbasi avanti ad 
ogni altra cosa pensare al prov- - 
vedimento dei primitivi bisogni 
della società , non sarebbe però 
questa sola considerazione ba- 
stevole a regolare sempre nella 
maniera più vantaggiosa la pro- 
porzione delle culture. Può anzi 
V interesse generale della nazione 
e il particolare dei privati con- 
sigliare diversamente , dovendosi 
aver riguardo ai bisogni delle 
altre nazioni, delle quali essendo 


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nostro interesse di favoreggiare 
le politiche e commerciali rela- 
zioni , è sommamente utile l’avere 
pronti fra noi gli oggetti che 
servono a mantenere le recipro- 
che comunicazioni. Nei casi par- 
ticolari 1’ esame e il paragone dei 
nostri cogli altrui bisogni , delle 
situazioni , delle abitudini potrà 
solamente far con certezza com- 
prendere il vantaggio dei calcoli 
da instituirsi. Non si dubita per 
altro che in pari caso una ben 
compartita varietà di prodotti, 
servendo secondo i pensamenti 
del Beccaria a moltiplicare util- 
mente le azioni umane , gioverà 
a diffondere 1’ agiatezza nelle 
classi, e a rendere meno dipen- 
dente la nazione. 



62 


Ad assicurare sempre più que- 
sta indipendenza della nazione 
concorrono le arti e le manifat- 
ture; terzo oggetto degli Elementi. 
Che fu veramente benefico il pen- 
siero di adoperar 1’ ingegno , ed 
impiegare la mano per dar forme 
diverse alle produzioni dalla terra 
ottenute , e così sovvenire pieto- 
samente ai tanti disagi dell’ in- 
ferma vita mortale , e a lei pro- 
curare , usando il sussidio delle 
arti , un nuovo e dilettevole con* 
forto. Ad aprire e rendere pe- 
renne questo piacevole fonte di 
ricchezza, non trascura il Beccaria 
alcuna vista economica che gio- 
var possa ad introdurre le arti 
ove non esistano, a promuoverle 
nella loro infanzia, ad ajutarle e 


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63 

ad infondere in esse il crescente 
vigor di gioventù. Sogliono gli 
autori nel trattare delle arti e 
delle manifatture distribuirle in 
classi in diverse maniere. Il Bec- 
caria nel riferirle non lascia oscu- 
ramente travedere la classificazio- 
ne, che più spontaneamente si 
conforma ad un ben concepito 
sistema economico , ed alla sem- 
plice narrazione frammischia giu* 
ste osservazioni , onde si scorga 
1’ ajuto che le manifatture pos- 
sono conseguire dalle arti belle 
e dalle scienze. 

• Questo ramo di prosperità di 
uno stato potrà esso floridamente 
alimentarsi fra gli abitatori di un 
fertile terreno? In molte e varie os- 
servazioni involsero altri scrittori, 



6 4 

sì fatta quistione. Il Béccaria la 
esime da tutto ciò che poteva es- 
serle estraneo , e nel raziocinio 
più semplice e nell’ esperienza 
più comune si appoggia per so- 
stenere l’ affermativa. 

Ragionando di fatti dobbiamo 
confessare che ogni nazione agri- 
cola non possa senza grave di- 
scapito negligentar le arti e le ma- 
nifatture, perchè debbe in esse im- 
piegar le produzioni della terra. 
Dee poi accrescere e variare le 
produzioni per occupare con mag- 
gior profittò gli artigiani. Amen- 
due gli oggetti stendonsi a reci- 
proco giovamento amichevoli la 
destra. 

La prova che l’ esperienza con- 
fermi tale verità, non è già tolta 


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65 


dall’ Egitto, un tempo fertile co- 
tanto e insieme patria felice delle 
arti , delle virtù e della potenza. 
Non bisognano fatti da lontana 
fama aggranditi. La storia nostra 
ne somministra dei più propinqui 
alla memoria. Il clima ed altre 
cause fisiche e morali rendettero 
sempre ubertosa la terra della 
nostra penisola ; e le arti mini- 
stre dei comodi , dei piaceri e 
della magnificenza felicemente vi 
prosperarono. Sicché quel som- 
mo Ministro che, assumendo la 
direzione degli affari economici , 
volle in ogni parte dare un aspetto 
di grandezza al regno di Luigi 
XIV , anche dalla Toscana e dal- 
l’alta Italia invitò le manifatture 
a passare in Francia. 


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66 

Già scrisse Bacone : Ciò che 
suol essere causa di contemplare , 
diviene regola di operare. Ravvol- 
geva in mente lo stesso pen- 
siero il Beccaria , allorché , vo- 
lendo sottratta alla cieca pratica 
dei manovali la formazione degli 
artigiani, propone e consiglia una 
logica istruzione per guidarne le 
menti. Il generoso premio che 
negli anni scorsi si lesse offerto 
da un amatore delle arti a chi 

V 

desse un corso di logica per prepa- 
rare F ingegno all’ esercizio delle 
arti meccaniche , può riguardarsi 
come un effetto della sublime 
idea del Beccaria , esposta in 
questa parte degli Elementi, 
Presiede alle arti un genio che 
sdegna di starsene in catene. Esso 


edby Goqgle 



6 7 

le nutre nella libertà , e le anima 
a crescere vigorose nella fiducia 
di vederle premiate. Era indu- 
bitato indizio di ben Conoscere 
T indole propria di quel genio 
il raccomandare con franco di- 
scorso l’abolizione di ogni obbli- 
gatoria disciplina in cui incep- 
pavansi in quei dì le arti dalle 
compagnie. La voce del Beccaria 
si ascolta ; e cessano di esistere 
i Corpi delle arti e dei mestieri. 

Il suo consiglio poi di offerire 
un premio alle opere già fatte , per 
infervorare la passione del genio 
preside delle arti e delle mani- 
fatture, onde sempre nuovi ten- 
tativi si facciano con quanto ap- 
plauso dei filosofi amici dell’uma- 
nità , dei ministri pensatori , dei 



68 


principi benefattori non fu accolto - 
ed eseguito? E con quanta esul- 
tanza del mio argomento non 
potrei qui ricordare la solenne 
annua funzione del 1 5 agosto ? 
Se tanto fausta ai destini dell’ Italia 
sorge 1’ aurora di quel fortunato 
giorno ; se con nobil gara le arti 
tutte fanno pompa del loro potere 
nel concorrere allo splendido fe- 
steggiamento dei popoli , le deco- 
razioni d’ onore compartite col 
voto dei dotti, coll’assistenza delle 
magistrature più cospicue, e colle 
acclamazioni delle affollate genti 
a chi si distinse o per inventate 
o per perfezionate manifatture , 
sono la più lusinghiera testimo- 
nianza che dal Governo illumi- 
nato poteva offerirsi al merito del 


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69 

consiglio , e lo stimolo il più effi- 
cace che poteva darsi all’ incre- 
mento delle arti (9). 

Non oso già pronunziare ché 
sì benefica istituzione sia dovuta 
ai suggerimenti del filosofo di cui 
ragiono : dirò solamente che essa 
non esisteva quando egli dalla 
cattedra consigliava e raccoman- 
dava che si facesse. 

Nella circolazione di ciò che 
1’ uomo coll’ utile lavoro ottiene 
dall’ agricoltura e dalle manifat- 
ture, consiste lo spirito e 1’ utilità 
del commercio. Questo, come nato 
ed alimentato da quelle, non può 
prosperare se non coi medesimi 
principj dai quali quelle vita rice- 
vono ed accrescimento. Il Bec- 
caria perciò applica ai varj rami 


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7 ° 

del commercio le teòriche pre- 
cedenti , e generalmente insiste 
sull’ utilità di quei regolamenti 
i quali nell’interesse particolare 
assicurando la ricompensa alle 
fatiche , alle speculazioni ed ai 
pericoli , servono a promuovere 
l’interesse generale. Non fia mera- 
viglia quindi se essendo egli al- 
quanto compendioso in questa 
quarta parte degli Elementi, non 
ci facciamo a seguirlo minuta- 
mente. 

Due oggetti per altro della mas- 
sima influenza in tutta la dottrina 
del commercio non dobbiamo tra- 
scurare. 1/ esame del valor delle 
cose soggette a contrattazione , 
che dal Beccaria si fa precedere 
all’ istruzione sul commercio , si 


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rOigitìzed by.Goc 



7 1 

è il primo. Quanto imponi il co- 
noscere il principio da cui si de- 
termina il prezzo delle cose, per 
raggiungere facilmente lo spirito 
jc la ragione delle commerciali 
disposizioni, così lo afferma il Ver- 
ri : Conosciuti che sieno ben gli ele- 
menti che formano il pre ZZO delle 
cose , si sarà conosciuto il principio 
motore del commercio. 

A ben vedere in questa impor- 
tante materia il merito della dot- 
trina del Beccaria , si rende op- 
portuno il premettere che dai più 
accurati scrittori si dichiara con 
ragione non essere esatto in questa 
parte V insegnamento dello Smith 
perchè il pregio delle cose con- 
fuse col prezzo. Dalle loro più 
rette analisi si sa che dal pregio 



7 2 

delle cose deriva il prezzo, e che 
è vero ed universale il principio 
che il pregio in genere delle cose 
sta in ragione diretta della quan- 
tità del bisogno espresso dall’ in- 
chiesta , e che il pregio specifico 
è uguale all’ inchiesta divisa per 
1’ offerta (io). 

Ma chi la base pose a questo 
principio fondamentale? Diffusa- 
mente il Beccaria esaminando 
r influenza del lavoro nel prezzo 
delle cose, ed escludendo la di- 
stinzione più apparente che rea- 
le di valore intrinseco ed estrin- 
seco , conchiude che il numero 
dei venditori e dei compratori , 
le maggiori o le minori inchieste 
sono i primarj elementi da cui 
viene a determinarsi il valore 


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73 

delle cose soggette a contratta- 
zione. 

Se non volesse concedersi a 
lui tutto il merito della filosofica 
esattezza nell’ esprimere quel prin- 
cipio , non potrà negarglisi cer-~ 
tamente quello di avere fra i pri- 
mi portato l’accetta nel folto te- 
nebroso bosco, e preparato il 
sentiero, onde altri entrandovi 
con sicuro passo prender potesse 
contezza t di quanto in esso esi-: 
steva. 

Il secondo oggetto particolare 
mente considerato in questa parte, 
è la moneta. Le qualità proprie di 
quella merce, il cui pregio abbia- 
li più conosciuto rapporto colle 
altre merci , e faccia nelle con- 
trattazioni la duplicata funzione 



1 4 

di misura e di pegno di pregio t 
rendonla per eccellenza la più atta 
a farne moneta. Tali prerogative 
nei due preziosi metalli , tanto 
nelle loro masse divise, quanto 
nelle indivise , esponendo il Bec- 
caria , l' indole disvela e gli of- 
fici tutti della moneta. Conside- 
rando poi il rapporto dell’ ar- 
gento all’ oro, e le cause che; 
possono farlo variare, discute i 
motivi delle alterazioni , e l’ in- 
fluenza di queste nel prezzo delle 
cose tutte viene a farsi palese^ 
In questa parte che è detta 
la Metafisica della pubblica Eco- 
nomia, il Beccaria singolarmente- 
si manifestò 1’ utile cittadino.- 
Volendo discoprire i disordini 
del sistema monetario dello Stato 


\ 


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7 5 

di Milano, e premuroso di far 
evidente il modo di rimediarvi , 
perche solo utilmente i disordini 
riprendevi , quando si suggerisce 
il modo di ammendarli , ìnchiuse 
nella dimostrazione di tre teo- 
remi tutta la teorica filosofica 
della moneta. Nel confronto delle 
massime dimostrate colle disci-i 
piine monetarie che allora erano» 
in corso , il difetto di queste 
chiaro appariva , ed insieme era 
manifesto il modo di correggerlo. 

La più vera e più esatta norma 
di calcolare il merito delle dot- 
trine si è di osservarne gli effetti* 
poste che sieno in pratica. Ana- 
loga alle idee del Beccaria fu la 
riforma dei regolamenti della mo- 
neta. Ben costituito il rapporto 


76 

del pregio fra le diverse monete 
messe in circolazione, ed in con- 
seguenza ben determinato il loro 
prezzo numerario, non vi fu più 
alcun clamore a motivo di alte- 
razioni. Nè col lasciare libero il 
corso a diverse monete di esteri 
stati , il cui valore fu in quella 
riforma con egual ragione definito, 
si è causato sbilancio nè nel mi- 
nuto nè nel grande spendimento. 
Parrebbemi grave ominissione il 
non riflettere in questo luogo che 
la nuova moneta italiana, dopo gli 
esperimenti di Borda, di Lagran- 
ge, di Lavoisier, di Sillet e Con- 
dorcet istituiti in Parigi , e dopo 
quelli fatti in Londra dal Ca- 
vendish e dall’ Archett , ha po- 
tuto comporsi di tale finezza da 


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77 

sostenersi nel suo pregio ovun- 
que nelle contrattazioni sia ceduta 
in 'pegno. E pure, come ognuno 
può agevolmente persuadersene , 
l’antica moneta dello stato mila- 
nese riguardo alla finezza può so- 
stenersi nel confronto della nuova 
italiana: e la tenue differenza nel 
titolo dell’unità monetaria debbe 
ascriversi al non essersi nell’ an- 
tica pienamente eseguite le idee 
liberali del Beccaria. 

Ancorché sieno da aversi in 
gran conto e ritenersi sempre 
presenti le giudiziose avvertenze 
di lui sul problema : Se il governo 
debba sovvenire delle somme a chi 
progetta introdurre nuove mani- 
fatture o propone nuove imprese ; 
su di che squarcia il velo al 



7 8 

vantaggio apparente e scuopre la 
fonte delle utilità vere e reali ; 
ancorché le sue dottrine sui ban- 
chi, sul credito pubblico, sui re- 
golamenti per la conservazione 
dei boschi, sulla pastorizia, il mo- 
strino profondo economista e cit- 
tadino zelante; pure sono costretta 
ad oinmettere ogni particolare ri- 
flessione sopra di esse. Sarebbemi 
facile F osservare ne’ suoi sugge- 
rimenti quella prudente cautela 
per cui sempre dall 5 esame della 
natura delle cose in tutte le loro 
circostanze speciali prende nor- 
ma, o per insinuare nuovi tenta- 
tivi, o per rendere più proficua la 
sorte delle pratiche usitate , o per 
abbattere la forza delle preven- 
zioni e dei pregiudizj. Qualche 


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79 

cenno di più debbo fare sulla li- 
bera circolazione dei grani e sulla 
loro libera estrazione , onde sem- 
pre più si mostri lo zelo dell’ utile 
cittadino. 

Su questo argomento ognuna 
sa che si sono difese diverse e 
contrarie opinioni. Nella pratica 
pure adottaronsi diversi sistemi ; 
e bastò qualche tratto d’ infelice 
esperienza per sollevare dei cla- 
mori e spargere del discredito 
su tutti , tranne quello che nei 
rispettivi luoghi era inveterato. 
Il Beccaria , facendosi a parlarne, 
doveva esser mosso da tale mo- 
tivo a dichiarare questa materia 
spinosa e piena di pericolo. L’ as- 
soluta libertà, qualche limitazio- 
ne al libero esercizio di questo 



8o 


commercio, ritenerlo sotto severe 
discipline in modo che sempre ne 
sia l’ andamento sotto la pubblica 
vigilanza, furono e sono i tre meto- 
di favoreggiati. Rispettando, come 
si dee, il Beccaria il diritto di pro- 
prietà, e conoscendo l’influenza del 
pieno esercizio di questo diritto 
nei vantaggi dell’ agricoltura , non 
poteva a menò di non abbracciare 
l’idea dell’assoluta libera circola- 
zione , nè molte cautele doveva 
ammettere per infrenare la libera 
estrazione. Parmi veramente che 
in questa parte egli riguardi la li- 
bertà del commercio ora come un 
bambino che ha nei primi mo- 
menti bisogno di essere retto colle 
falde per non cadere camminando, 
ed ora come un giovine di fervido 


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temperamento, a cui, perchè non 
precipiti slanciandosi , conviene 
tenere a fianco chi, senza adope- 
rar violenza , sappia cautamente 
moderarne gl’ impeti. Con questa 
idea ragionando enumera i varj 
casi nei quali possa trovarsi la 
nazione, e per ciascuno propone 
quel prudente regolamento che 
se talvolta non .si conforma <|el 
tutto , non è però mai in aperta 
contraddizione ai principi della li- 
bertà. Si osservino gli Editti del 
1771 , 1776 e 1786 , nei quali 
ebbe gran parte , e vedrassi in 
qual maniera egli volesse con- 
durre , direi quasi , per mano a 
regnare la libertà del sistema an- 
nonario , affinchè se ne avessero 
senza scossa veruna tutti i bene- 
fici effetti (11). 


6 



82 


Nel promuovere la libertà della 
concorrenza s’ ottiene egualmente 
il desiderato risultamelo di ve- 
dersi determinare per qualsisia 
genere mercatabile il prezzo ge- 
nuino e naturale, dal quale occorf- 
rendo si può unicamente stabilire 
il prezzo legale. La efficacia di 
questo mezzo per provvedere ade- 
quatameli te ai bisogni delle popo- 
lazioni non ignorava il nostro 
autore , quando coraggiosamente 
proclamava la massima ; Faccia 
pane chi vuole , e sia punita la 
frode. Se acconsente- che po$'->* 
determinarsi il prezzo in alcune 
particolari circostanze, e per evi- 
tare il molesto disturbo della 
contrattazione per un oggetto di 
continuo rinascente bisogno, non 


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85 

fa urto alla libertà da lui procla- 
mata. 

Le compendiose osservazioni 
sulle principali yÌ9te del diritto 
economico esposte negli Elementi, 
come ora fanno conosoere i me- 
riti del professore che insegnava 
la scienza j e lo zelo del cittadino 
che insegnando al bene della pa- 
tria mirava ; così altura furono i 
ineriti che ’l condussero alla ma- 
gistratura. Sappiamo che molte 
consultazioni da lui > come magi- 
strato , si stesero in affari gravis- 
simi. Queste non videro ancora 
la pubblica luce. La sua propo- 
sizione per ridurre le misure e i 
pesi all’ uniformità , è quella sola 
che ora possiamo avere sotto gli 
occhi (i3). 


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8 4 

Liberare le sociali permutazioni 
delle cose dal timore che la con- 
venuta egualità del superfluo , che 
si dava in cambio del necessario 
che si riceveva , venisse defrau- 
data dalla deforme varietà delle 
misure e dei pesi, fu il motivo 
che consigliò il Beccaria alla pro- 
posizione. Un tacito senso di am- 
mirazione gioconda ci occupa V a- 
nimo nel leggere le tante minute 
pratiche fattesi sulle varie mate- 
rie credute le più atte a comporre 
il campione: nè meno si com- 
piace la ragione per le più scru- 
polose diligenze proposte per ben 
formarlo e conservarlo , onde a 
quella primaria misura universale 
ogni altra senza sconcerto si pa- 
reggiasse , ed in ogni tempo questa 


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85 


servisse a terminare le insorgenti 
controversie. ■ . 

L’ inveterata abitudine alle mi- 
sure in uso , che fomenta il de- 
siderio sempre più tenace di con- 
servarle, persuase il Beccaria a 
scostarsi quanto meno fosse pos- 
sibile dalle più comunemente usa- 
te ; e per ciò la considerazione 
della ritrosia del popolo ai can- 
giamenti il ritenne dal proporre 
la divisione delle misure nella 
progressione decupla decrescente. 
Se per questo riguardo si accon- 
tentò di esporne unicamente il 
pensiero , non volle con egual 
brevità presentare l’ idea di legare 
le misure terrestri alle celesti , e 
di prender norma da queste per 
istabilir quelle. Osservò che ad un 


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86 


minuto di latitudine al nostro para- 
lello corrispondono braccia 3ii6, 
e a lui sembrò comodo e vantag- 
gioso determinare con esse l’esten- 
sione di un miglio ? e prendendo 
poi una parte di queste 3 1 1 6 brac-* 
eia poteva constituirsi l’ unità , la 
quale moltiplicandosi per dieci , 
per cento, per mille 9Ì avrebbono 
stabili ed esatte le misure lineari. 
Da questa prima operazione si 
potrebbe derivare la seconda per 
le misure di peso e di capacità , 
che egli dimostra quanto utile al- 
trettanto facile ad eseguirsi. 

Forse era ben lontano il Beo-* 
caria dal pensare che tempo 
Verrebbe in cui quelle idee ot* 
terrebbono il più solenne suffragio 
della sublime filosofìa, invocata a 


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*7 

concorrere co' suoi lumi alla le- 
gislazione delle sociali istituzioni. 
Nell’ adunanza dei dotti dalle più 
lontane parti invitati a Parigi nel 
1799 si determinò appunto che 
dalle celesti fosse presa la nor- 
ma per istabilire le misure terre- 
stri ; e la determinazione di quel 
filosofico prestantissimo coro dalla 
sapienza della mente che regola 
le sorti di tanti popoli è stata ri- 
dotta in legge. Chi si facesse a 
ponderare le disposizioni di que- 
sta legge per confrontarle col 
desiderio espresso con prudente 
avvedutezza nella consultazione 
dello scrittore di cui trattiamo , 
avrebbe anche in questa parte le 
più solide ragioni per pronunciare 
un imparziale favorevole giudizio 



88 


s r 


sui distinti meriti degli economici 
pensamenti del Beccaria come 
magistrato. 

Sospendo qui il corso al mio 
dire , perchè quanto scrisse come 
filosofo , ed operò come magi-* 
strato riguardo agli oggetti della 
finanza e della polizia , non è 
fatto ancora di pubblico diritto. 
Il Tentativo analitico sui contrab- 
bandi , pubblicato nel foglio pe- 
riodico intitolato II Caffè , è una 
conferma di due verità, chiare 
abbastanza però anche nelle al- 
tre sue dottrine. La prima si è la 
giustezza del suo criterio dimo- 
strata nella facilità con cui sapeva 
compendiare i suoi ragionamen- 
ti, usando nelle scienze economi- 
che il linguaggio dell’ algebra. La 


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8 9 

seconda verità 9Ì è che la scienza 
dell’ uomo (i3) dirigeva i suoi con- 
sigli dati per la pratica della pub- 
blica amministrazione. In quel 
Tentativo vuole il tributo pro- 
porzionato alle forze che ammansi 
dall’ utilità dei contrabbandi, e alle 
forze diminuite in ragione delle 
rappresaglie. Siccome ben rari sono 
gli uomini dai quali debba aspet- 
tarsi la rinunzia dei proprj inte- 
ressi per favorire quelli del pub- 
blico; così esplorare le spinte che 
possono ricevere gli affetti del 
cuore umano , indicare i mezzi di 
tener cheti i nocivi, e di eccitare 
quelli che potevano concorrere 
alla causa comune ; in somma ri- 
volger sempre l’ utile particolare al 
nobil travaglio dell’industria, e al 



9 ° 

bell’entusiasmo delle arti, era il so- 
lo intendimento del suo meditare, 
del suo scrivere , del suo operare. 

Ho intrapreso a parlare del 
felice impiego fatto dal Beccaria 
de’ suoi non comuni talenti per 
incoraggiare vie più allo studio 
la gioventù consagrata alle scienze. 
Me felice se nel narrare gli og- 
getti delle sue meditazioni, in vece 
di lumeggiare il quadro, non vi 
avrò frammisto alcuna di quelle 
tinte che ben sovente i volgari 
pennelli stendono sui capi d' ope- 
ra di Raffaello e del Correggio. 
Mi conforta alquanto in que- 
sto timore il vedermi circondato 
da un folto stuolo di valorosi 
giovani che hanno già compiute 
in quest’ anno le nostre speranze. 


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9 * 

Rivolgendo perciò ad essi le pa- 
role, non comporta T animo mio 
di passare in silenzio nella solen- 
nità di questo giorno la testimo- 
nianza ben dovuta agli studenti 
di questa Università, per essersi 
renduti degni dei nostri encomj, 
corrispondendo essi colla lodevole' 
disciplina e coll’assiduo stadio al 
vigile zelo del rispettabilissima 
reggente ed alle instancabili pre- 
mure dei dottissimi professori. Nè 
posso frenare il senso di dolce 
commozione nel sovvenirmi di 
quelli in particolare che con fer- 
vido desiderio e con attività co- 
stante mi seguirono nel discoprire 
le fonti della pubblica ricchezza, 
e nel considerare 1’ uso piu con- 
venevole comandato dai bisogni 


9 2 

della società. Non debbo loro 
ricordare di ravvisare il Beccaria 
come un esemplare da imitarsi , 
e di averlo come una scorta per 
raggiungere le difficili politiche 
verità. Essi mi diedero già non 
dubbie prove di averlo fatto, quan- 
do meco intertenevansi ad esa- 
minare i pregi inestimabili dei 
valentuomini che scrissero in que- 
sta difficoltosa scienza. Anzi sono 
sicuro che taciti oggi avranno 
me prevenuto nelle riflessioni che 
feci discorrendo sui capi prin- 
cipali delle sue dottrine. Affin- 
chè F impegno mostrato da que- 
sta gioventù di occuparsi in que- 
sta scienza si mantenga anche nel- 
F avvenire vivo e costante nell’ ani- 
' mo loro , bastami il far osservare 



9 3 

che per unanime sentimento de- 
gli scrittori i bei giorni della 
Grecia, i secoli di Augusto, dei 
Medici, di Luigi XIV, sono detti 
i giorni e i secoli della lettera- 
tura e delle arti. Il nostro secolo 
va acquistando il diritto e il vanto 
di aggiungere a quei titoli l’altro 
più luminoso della filosofica le- 
gislazione. Già a questo benefico 
eccelso fine mirano le provvidenze 
di Napoleone Ottimo Massimo. 
A prova rammenterò solamente 
eh’ egli corse vincendo alle rive 
della Vistola, e nel far dono ai 
Polacchi del Codice civile, di là 
colla sua sapienza dirigeva la for- 
mazione del Codice di giurispru- 
denza economica. Onde , se le 
armi impugnate segno furono di 


94 

pace, volle coronata la pace dallo 
stabilimento del diritto economico 
ordinato in armonia del diritto 
politico e civile. E non isfuggendó 
all’ illimitata comprensione della 
sua mente la necessità di perpe* 
tuare nei popoli il favore de’ suoi 
doni, ha or ora compiuto un fausto 
avvenimento che desta all’ esul- 
tanza ogni ordine di persone; e noi 
pure godevamo jeri d’ogni intorno 
del più festevole commovimento. 
Quindi alla generale significazio- 
ne di giubilo uniamo i nostri sensi 
di gratitudine, tramandando ai 
posteri la conoscenza dei benefizj 
immortali del sommo Imperatore 
e Re colla seguente Epigrafe: 

Paravil ferro , firmavit legibus Orbem : 

Puma hcec faciel mimerà connubio (14). 


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NOTE. 


• •' .... >i ut ■■ .1! • iK'j.iima 

( 1 ) Il signor Filangieri ha rifleuuto che 
un errore nella legislazione tool recare ai 
popoli le più funeste conseguenze. Con pari 
ragione può dirsi che una giusta massima 
in questa scienza, la quale è in un contatta 
immediato cogl' interessi del pubblico e dei 
pr vati , grandemente influisce sul destino 
della presente e delle future generazioni. 
Assai benemerito della nazione è colui che 
la propone e 1' appalesa. ..« r-Msm 

(a) Nella ietterà segnata a8 novembre 1809 
la Direzione generale scriveva : Occorra di 
soggiungere che l' elogio di un celebre letterato 
o scienziato defunto potrà estere ottimo argo- 
mento d inaugurazione nelle regie università. 
Lo spirito di tale saggio ed autorevole sug- 
gerimento parventi esigere che i soli meriti 
nelle scienze e nelle lettere dovessero essere 
il fondamento del discorso , e ad avvalorare 
la mia opinione mi sovvenne quanto nell'e- 
logio del Bernonlli diceva il D’ Alembert ; 
« le laisse donc à des chercheurs de date» 
» et à dea compilateurs le soia de le Taire 
» naitre et mourir ». 


A 

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9 6 

( 3 ) Un senso di meraviglia potrebbe in- 
generarsi nel leggere che una scienza inti- 
mamente legata al ben essere delle proprietà , 
dei costami e dell' esistenza stessa dei citta- 
dini fosse fra le ultime a coltivarsi. A chi 
conosce la storia dei tempi è manifesta la 
ragione dei lenti progressi fattisi nelle scienze 
morali e politiche. Potenti ostacoli frappo- 
nevansi al loro coltivamento. 1 padri nostri 
poterono trasmetterci una più pingue eredità 
intorno alle scienze naturali ed esperimen- 
tali. In queste e non. iiv v quelle occupa vansi 
senza pericolo. Di loro no'* avrebbe scritto 
Tacito : Rara terjiporum felicitale ubi sentire 
qua: velis , et quee se alias dicere licei. 

(4) Questo discorso si tenne ad un' udienza 
composta di professori, di uomini eruditi e 
di studenti. Non avevano bisogno i primi 
che mi estendessi in una lunga digressione 
di cognizioni storiche a confermare 1’ as- 
sunto. Gli ultimi avevano ascoltato una le- 
zione nella quale dimostrava che i dogmi e 
le visioni, in vece delle osservazioni e della 
esperienza che il genere umano con suo 
dispendio è sempre obbligato a fare , ave- 
vano posto anche in questa scienza la prima 
pietra ai sistemi. Fu quindi necessario allo 


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spirito filosofico , nell’ applicarsi a questo 
ramo del Diritto pubblico , lo sgombrarlo 
dalle prevenzioni sistematiche, avanti di sta- 
bilire quei grandi principj teorici che non 
sono mai smentiti nella pratica , giusta il 
precetto di Bacone : Et quod i/i contcmplatione 
instar causa est , id in operatume instar regu~ 
la est. Questo precetto ha dovuto essere il 
motivo che obbligò il Beccarìa a premettere 
le viste generali sulla scienza,, per avere un 
fondamento a stabilire il suo principio. 

(5) Se il signor Carlo G^fkilfc nella sua 
opera sui sistemi avesse confrontato questo 
principio del Beccaria con quello dello Smith 
e de’ suoi seguaci, non avrebbe con tanta 
confidenza annoverato il Beccaria fra i fisio- 
cratici. Colla sua non comune penetrazione 
nel raggiungere lo spirito delle altrui opi- 
nioni avrebbe osservato che dal Beccaria 
si adottava un principio il più acconcio a 
togliere di mezzo fra gli economisti le di- 
spute sui sistemi. Avvegnaché questi ben 
ponderati non si ravvisano tanto discordi r 
quanto il sembrano in apparenza. Già aveva io 
fatto osservare agli uditori miei che già 
economisti dei diversi tempi e luoghi, quan- 
do uscivano dalla sfera delle astratte loro 



9 8 

contemplazioni per internarsi nelle cose reali, 
andavano conformi a toccare il medesimo 
segno. Simile opinione leggo a carte 94 e 95 
nell’ opera del signor Ganilh. Piacenti l’au- 
torevole suffragio di quell’ illustre letterato 
all’ assunto di una mia lezione : facendo 
però egli conoscere lo spirito degli econo- 
misti, poteva, come feci io stesso, dichia- 
rare che questo pensamento non oscuramente 
si scorge nel principio assunto dal Beccaria 
ed in varj passi de’ suoi Elementi. 

(6) Il Beccaria, come ogni altro letterato 
di inerito distinto, visse fra gli emoli , i 
censori ed i nemici. Costoro per lo più sono 
uomini mediocri che facilmente si avvici- 
nano e si uniscono per imporre col loro 
numero al volgo, ed acquistare un credito 
alle loro grida elevate contro chi scuopre e 
manifesta verità superiori alla sfera delle 
loro cognizioni. Di costoro propriamente 
scriveva il Verulamio nel Nuovo Organo delle 
scienze : Solent liomincs de rebus novis ad 
exemplum vetcrum , ci secundum pha/itasiam ex 
iis prccconceptam harìolari , cpiod genus opi- 
nandt fallacissimum est. Il Beccaria li cono- 
sceva nella loro mediocrità , e non ebbe 
sempre tanta superiorità d'animo per di- 
sprezzarli interamente. 



99 

(t) L' incarico dell’ orazione inaugurale fu 
dato a ine nel gennajo del 1810, e fu letta 
nei primi di maggio. In quel tempo non era 
ancora comparsa alla luce dell' Italia l'opera 
del signor Ganilh sui sistemi. Non lio po- 
tuto quindi annoverarlo fra i rinomati scrit- 
tori che diedero il loro assenso al principio 
dello Smith. Non lo avrei trascurato con 
quelle riflessioni particolarmente sulla di- 
stinzione del travaglio, eh’ egli suggerisce 
con tanto accorgimento. 

(8) Tale massima dal Beccaria sempre 
raccomandata è in opposizione al giudizio 
del signor Ganilh che annovera il Beccaria 
tra coloro che danno, come una verità asso- 
luta e generale , la preferenza al lavoro ap- 
plicato all’ agricoltura. 11 Beccaria pensava 
che il governo dovesse compartire colla sua 
azione un soccorso a tutte le fonti della ric- 
chezza ; e che per rendere più vantaggioso 
il suo concorso dovesse conformarsi ne' suoi 
eccitamenti alla qualità dei favori otferti dalla 
natura , e proprj dei luoghi. 

11 signor Ganilh poi nello stesso G. III. T. I.° 
dei Sistemi sostiene che la superiorità nel 
produrre la ricchezza e la potenza delle na- 
zioni debba darsi al commercio e aU'industria. 



100 


Si darà un giusto valore alle prove da lui 
recate cogli esempj storici , nei quali pre- 
sentansi alcune nazioni col commercio e col- 
l' industria innalzate ai maggior grado di pro- 
sperità , se si leggeranno a questo proposito 
le profonde riflessioni nitidamente * esposte 
dal dottissimo signor Senatore Mengotti nel 
Colbertismo. Osserverò solamente che alcune 
nazioni, ad imitazione dei Fenici e dei Car- 
taginesi, poterono valersi opportunamente del 
concorso di varie cause per divenire potenti 
e doviziose in onta quasi dell’ ingrata na- 
tura ; ma mancando poi o diminuendosi il 
concorso delle favorevoli circostanze, doveva 
mancare o diminuirsi lo stato della loro pro- 
sperità. £ facile l'abbaglio generalizzando una 
massima dagli esempli : nell a scienza econo- 
mica più che in ogni altra si manifestano la 
vanità , i vizj , i pericoli dei sistemi. 

(q) Avranno i nostri posteri nn documento 
autentico del favore nei nostri giorni con- 
ceduto alle arti ed alle manifatture , nei di- 
scorsi tenuti dai ministri per la distribu- 
zione dei premj. La loro sensibilità non 
rimarrà commossa però in grado pari alla 
nostra. Io non saprei esprimere tutto il senso- 
di grata commozione da cui aveva nell’ anno 


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ora scorso 1810 ricolma 1’ anima tutta, ascol- 
tando un gran ministro parlare di un gran 
Sovrano e dell’ ottimo figlio di Ini , dato 
per grande ventura a noi qual padre , sulla 
intelligente e generosa protezione accordata 
ai rami dell’ industria nazionale. 

(io) Fra gli altri, il dottissimo signor Va- 
leriani , professore nella reale università di 
Bologna, ha profondamente trattato di questo 
principio, mostrandolo sommamente fecondo 
di utili verità nelle materie economiche. 

(u) Dalla somma avvedutezza di chi go- 
verna in questa parte la pubblica ammini- 
strazione si è data in quest’ anno una nuova 
conferma alla massima del Beccaria. Il sistema 
dell' annona meritava attenzione ed assistenza: 
questa fu attiva, ma tranquilla: fu vigilante, 
ma tacita. Non si adoperò alcun mezzo che 
concorresse insieme col monopolio dei pri- 
vati ad ingenerare 1’ idea di timore : e cosi 
evitandosi i disastri troppo funesti dell’ ap- 
parente mancanza, abbiamo il compiacimento 
di vedere camminare il tutto con somm» 
quiete. 

(ia) Altre consulte del Beccaria debbono 
esistere sulla caccia, sulla pesca , sulla ma- 
niera di rendere sicure le strade. Quando 


V 



102 


scriveva , io era troppo lontano dal luogo 
ove dicevansi esistere , e non poteva farne 
ricerca da me stesso ; e per mezzo altrui 
non mi è riescito di render paghe le mie 
brame. In questi mesi poi per motivi troppo 
giusti ho dovuto occuparmi in cose ben di- 
verse. 

(13) Dallo stadio sulla storia delle nazioni, 
e dall' esame sull' indole propria dell' uomo 
il Beccaria suol trarre il fondamento de' suoi 
ragionamenti e de’ suoi consigli. Senza la 
cognizione di ciò che può muovere gli af- 
fetti umani, non si arriva a conoscere i prov- 
vedimenti che possono giovare o almeno 
non nuocere agl’ interessi degli nomini vi- 
venti in comunanza sociale : Qui primum , et 
ante alia omnia animi motus Immani non cx- 
ploraverit , ibi (pie scientice meatus , et errorum 
sedes accuratissime descriptas non habuerit, is 
omnia larvata , ac veluti incantata repcriet. 

Baco : Impetus Philosoph. 

( 14 ) Debbo all’ amicizia di cui mi pre- 
gerò mai sempre , dell' eruditissimo signor 
professore Testa, clinico quanto intelligente, 
altrettanto amoroso, il possedere 1 ’ esametro 
di quest’ epigrafe. Si compose per festeggiare 
1’ arrivo in Bologna nel i8o5 di S. M. I. e R. 


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Allora io era reggente di quella università , e 
non si potè renderlo pubblico come volevasi. 
Il desiderio di farlo conoscere mi ha indotto 
con sua intelligenza a valermene in questa 
circostanza , aggiungendovi il pentametro. Se 
non mi fossi proposto di pubblicare il discorso 
come fu letto , festeggiandosi ora il fortunato 
avvenimento della nascita del He di Roma , 
avrei potuto aggiungervi : 

Plaudite, terricola: : prodiit Rcx Patris imago. 
jEternum vobis numera cuncta manent. 


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